Abstract
This report provides an overview of the history of the heterogeneous photographic archive of the Museo Egizio in Turin, from its formation to its current organization. Since 2018, a team of the Museo Egizio has been working on a project whose aim is to preserve, digitize, virtually reorganize, and make publicly accessible the ca. 45,000 pictures in the archive. In particular, the team focused on a set of ca. 1500 pictures taken during the archaeological excavations of the Museum in Egypt, between 1903 and 1937. As a result of this work, this material is now accessible on the website Archivio Fotografico del Museo Egizio, an online platform where users can freely consult and download every single picture.
A partire dalla sua fondazione, nel 1824, il Museo Egizio di Torino ha prodotto una quantità di documenti che progressivamente sono andati a costituire quello che è oggi l’archivio storico. A questi documenti cartacei si aggiunsero, in seguito, cospicue raccolte di stampe e negativi fotografici riguardanti l’Egitto in generale e più specificamente, a partire dalla direzione di Ernesto Schiaparelli (1894-1928), anche fotografie riguardanti gli scavi della missione archeologica italiana, oltre che i reperti custoditi in Museo. Nel corso del tempo, pur essendo tra loro complementari, il materiale documentario e quello fotografico hanno avuto vicende diverse, compresi alcuni trasferimenti fuori dal Museo. L’archivio storico è attualmente custodito presso l’Archivio di Stato di Torino,1 mentre il materiale fotografico, che è andato a costituire quello che oggi è chiamato “archivio fotografico storico”, è stato conferito nel 2016 alla Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino ed è oggi ospitato nella Fototeca Storica del Museo. Con il termine di “archivio fotografico storico” si intende attualmente una raccolta di materiale che in precedenza non costituiva un archivio fotografico coscientemente stabilito, ma lo è diventato allorquando si è intrapresa un’opera di raccolta, riordino e sistemazione. È proprio questo archivio l’oggetto della presente relazione.
Sono piuttosto scarsi i documenti che illustrano le origini dell’insieme di immagini fotografiche che nel tempo andarono a costituire l’attuale archivio fotografico storico del Museo. Data l’eterogeneità del materiale fotografico conservato, sia come prodotto sia come contenuto, è possibile pensare ad una casualità nella sua formazione, attraverso acquisizioni estemporanee di materiali già ritenuti storici. Dal 2016 è stato avviato un vasto progetto
Cenni sulla storia dell’archivio fotografico storico
Data la mancanza di documenti attestanti la nascita e l’implementazione dell’archivio fotografico storico di questo museo, diventa indispensabile unire alle poche notizie scritte, peraltro inedite, anche i ricordi di coloro che nel tempo e in ruoli diversi hanno contribuito alla creazione e alla conservazione di un archivio fotografico. Nel corso del XIX secolo, sebbene la fotografia come dagherrotipo sia nata ufficialmente nel 1839,2 il Regio Museo di Antichità ed Egizio, come allora si chiamava, non sembra aver sentito la necessità di avere una propria documentazione fotografica. In questo periodo, infatti, le poche immagini di ambienti all’interno del Museo o di sue antichità sono per lo più incisioni o quadri;3 poche le fotografie, ma scattate da fotografi esterni, anche se con un’accelerazione sensibile nell’ultimo quarto del secolo.4
Una prima informazione circa l’interessamento diretto del Museo alla fotografia risale al 18 marzo 1885, quando viene rendicontata, da parte del direttore Ariodante Fabretti, la commissione al cav. L. Cantù di alcune fotografie, oltre che di disegni, dei “monumenti di Castelletto sopra Ticino” (NO).5 La presenza in Museo, dal 1872, dell’ispettore Ridolfo Vittorio Lanzone (1834-1907), egittologo e amatore della fotografia, potrebbe comunque indurre a ipotizzare una certa attività fotografica voluta dal Museo, nei riguardi sia delle antichità egiziane6 che di quelle del Museo di Antichità.
La più antica notizia certa riconducibile, seppur indirettamente, all’uso della fotografia in Museo, e probabilmente alla primitiva costituzione di un archivio fotografico, è invece data da una ricevuta di pagamento del 10 aprile 1896, durante la direzione di Ernesto Schiaparelli.7 Con essa, il Museo acquistava del materiale per sviluppo fotografico: due bacinelle di 24×30 cm, una lanterna rossa per fotografia, e un litro di idrochinone (o chinolo), per una somma totale di 19 lire.8 Al giorno seguente, l’11 aprile, è datata un’altra ricevuta, per la riparazione di una macchina fotografica, evidentemente già presente in Museo, di cui la ricevuta in questione costituisce la prima menzione.9 Due mesi dopo, datata al 22 giugno, vi è infine una prima informazione dell’acquisto, insieme ad altri materiali fotografici, di supporti fotografici, ossia di 14 lastre Lumière 21×27 cm.10 Dalla seconda metà del 1896 in poi si assiste con una certa regolarità all’acquisto di materiale fotografico, il cui uso, tuttavia, non è stato chiarito: non è stata infatti riconosciuta finora alcuna lastra databile precisamente a questo periodo. È presumibile comunque ipotizzare che, sotto la supervisione di Schiaparelli, amatore della fotografia, in Museo avvenisse l’intero processo dello sviluppo fotografico.
Con l’avvio della Missione Archeologica Italiana (M.A.I.) in Egitto a partire dal 1903, sotto la guida dello stesso Schiaparelli, la quantità di materiale acquistato dal Museo torinese per il corredo fotografico della missione e un primo sviluppo sul campo diventa maggiore e più costante, come è testimoniato dalle numerose ricevute di pagamento presenti nella rendicontazione del bilancio annuale del Museo a partire da quell’anno.11 La notevole quantità di lastre fotografiche utilizzate durante gli scavi dimostra, in analogia con i colleghi contemporanei,12 la particolare sensibilità del direttore verso questo insostituibile strumento di lavoro,13 in grado di documentare, seppur con grandi difficoltà,14 momenti irripetibili durante le ricerche, in tutti i siti indagati dalla M.A.I.15 Una selezione di questi scatti fu, infatti, utilizzata nelle sue due principali pubblicazioni,16 oltre che in due volumi fotografici, rilegati in pelle, donati nel 1903 e nel 1904 al Re Vittorio Emanuele III, mecenate della missione.17 Infine, un’ulteriore selezione di fotografie di scavo consentì, nel 1908,18 la formazione di cinque volumi fotografici, molto probabilmente commissionati per offrire al pubblico in visita al Museo una panoramica e il contesto di provenienza dei reperti esposti. Certamente l’interesse di Schiaparelli verso questa nuova tecnica, complementare ai tradizionali schizzi, disegni e descrizioni scritte, fu stimolato dal fratello Cesare, fotografo amatoriale che, oltre ad influenzarlo, con ogni probabilità gli trasmise i primi rudimenti. L’importanza che diede a questa tecnologia fu tale che durante le campagne di scavo egli volle circondarsi di altrettanto valenti esperti di fotografia, in grado di sostituirlo nelle sue frequenti assenze dal cantiere.
L’attività di ripresa fotografica ebbe un sostanziale incremento durante il periodo pre- e post-bellico, per documentare gli oggetti di particolare interesse prima del loro trasferimento nel catello di Agliè (1943) e al loro rientro (1945)23 per monitorarne lo stato ed eventuali perdite o deterioramenti subiti. Altre lastre rappresentano i danni sofferti dall’edificio e da alcune vetrine dell’esposizione a causa del bombardamento alleato dell’8 dicembre 1942.24 L’attività di documentazione dei singoli oggetti è proseguita (come procede tutt’ora) di pari passo con la schedatura dei reperti, e anche per venire incontro alle richieste degli studiosi che necessitavano di fotografie di oggetti per i loro studi.
Con l’avvento della diapositiva, prima in bianco e nero, poi a colori, l’archivio si è arricchito, nella seconda metà del XX secolo, di migliaia di immagini riguardanti i reperti egizi conservati non solo nel Museo torinese ma anche negli altri musei, italiani e stranieri. A queste si aggiungono diapositive scattate in Egitto da studiosi relative soprattutto ai siti archeologici, che successivamente furono acquisite dal Museo, formando in questo modo una collezione particolarmente eterogenea. Fa parte della storia dell’archivio fotografico l’acquisizione di preziosi album fotografici, risalenti alla seconda metà dell’Ottocento, e numerose stampe sciolte dello stesso periodo. Infine, la presenza di centinaia di stampe fotografiche tratte da lastre e fissate poi su supporti cartacei attesta un primitivo momento di studio e di riordino.
Infatti, è soltanto nell’immediato secondo dopoguerra che è emersa la consapevolezza di possedere un materiale ricco ed eterogeneo, tale da costituire di fatto un importante archivio, oltre che essere
Un primo significativo intervento sull’archivio si riscontra a partire dal 2008, quando si manifestò un inedito interesse verso le fotografie archeologiche che segnò l’inizio di una profonda riflessione sul futuro dell’intero archivio e della sua consultazione. Da questo scaturì, con l’aiuto dell’Associazione Amici e Collaboratori del Museo Egizio (ACME) di Torino a partire dal 2010, la digitalizzazione di un primo lotto di circa 2000 lastre fotografiche,28 a cui seguì un secondo intervento nel 2015, questa volta con il finanziamento della Fondazione Museo Egizio.
Nel frattempo, dal 2004 lo status giuridico del Museo era infatti cambiato, con la soppressione della Soprintendenza Speciale per le Antichità Egizie Torino II – Egittologia, e la costituzione della Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino. Questo comportò il graduale conferimento, al neonato Ente, del materiale archeologico e, successivamente, nel 2016, anche di quello fotografico, che con la soppressione della Soprintendenza Speciale era stato trasferito presso la Soprintendenza Archeologica del Piemonte, e affidato alla tutela e gestione di Marcella Trapani. Il ritorno nel palazzo del Museo, nel 2017, dell’archivio fotografico storico, collocato nella nuova Fototeca Storica del Museo, ha stimolato una riflessione sul suo futuro, anche per le sue modalità di fruizione (Fig. 2).
L’archivio fotografico storico del Museo Egizio e il suo contenuto
Il Fondo Lastre
Come già anticipato, l’archivio fotografico è costituito da diversi insiemi, costituitisi, anche casualmente, in tempi diversi. Un primo lotto è costituito da lastre fotografiche, essenzialmente in negativo sebbene siano presenti anche alcuni positivi, in B/N su vetro o celluloide di formati diversi (6×9 / 6×6,5 cm, formato A; 9×12 cm, formato B; 13×18 cm, formato C; 18×24 cm, formato D; 24×30 cm, formato E; 9×14 cm, stereoscopiche, formato DD;29 Tipo Diapositiva formato 8,5×10 cm; formato 30×40), per un totale di 25.664 unità. Questo fondo è datato dal 1903 fino ai primi anni Duemila.
Composizione del Fondo Lastre.
Lastre in vetro o celluloide formato
13.063
12.99230
Negativi in celluloide formato
541
0
Lastre in vetro o celluloide formato
7.629
7.81432
Negativi in celluloide formato
12
0
Lastre in vetro o celluloide formato
3.438
3.517
Lastre in vetro o celluloide formato
152
165
Lastre in vetro o celluloide formato
623
637
Lastre in vetro chiamate
80
0
Lastre in vetro formato
118
118
Lastre in vetro 30×4034
8
0
I soggetti contemplati in questo fondo possono essere suddivisi in quattro macrocategorie, individuate e distinte per la loro tipologia. Una parte considerevole e particolarmente pregiata è riferita alle ricerche archeologiche condotte in Egitto prima da E. Schiaparelli (1903-20) e successivamente da G. Farina (1930-7). La preziosità di questo insieme è costituita dal trattarsi di documenti attestanti situazioni e momenti irripetibili durante lo scavo, riproponendo al contempo il contesto archeologico di provenienza (Fig. 3). Una seconda parte, assai più numerosa, documenta i reperti conservati in Museo, consentendo un monitoraggio del loro stato di conservazione nel corso dei decenni. Gli allestimenti museali trovano invece riscontro in una scarsa documentazione, soprattutto per quanto riguarda la prima metà del Novecento. Infine, una vasta miscellanea di lastre riguarda testi e immagini tratte da volumi, oltre che ad immagini di antichità appartenenti ad altre collezioni, nazionali o internazionali. Non mancano infine documenti e fotografie riguardanti scritti e personaggi legati alla storia del Museo e dell’Egittologia.
Un ulteriore fondo conferito dalla Soprintendenza consiste di un insieme di 270 lastre in vetro di vario formato (A, 8×8 cm; B, 8,5×10 cm; C, 9×12 cm; D, 13×18 cm), positive e negative, appartenute a Virginio Rosa, come si evince dal nome riportato sull’imballo che le conservava. Probabilmente questo materiale venne consegnato a E. Schiaparelli dopo la morte di Rosa (1912) da Secondo Pia, suo padre adottivo. Tra queste, meritano particolare attenzione sette lastre su vetro (Formato D, 13×18 cm) a colori, di eccezionale rarità,35 scattate durante i lavori nella tomba dipinta di Iti e Neferu a Gebelein (Figs. 4-5), con ogni probabilità scattate da Rosa stesso durante lo scavo della tomba, nel 1911.
L’ipotesi della paternità del Rosa potrebbe essere tuttavia messa in dubbio dalla presenza di altre due lastre a colori, apparentemente della stessa serie, presenti nel Fondo Giovanni Marro nell’archivio del
Infine, nel 2018 è stata gentilmente concessa per la Fototeca Storica del Museo Egizio, dalla famiglia Perino, la digitalizzazione di 48 lastre (6×6 cm) con rappresentazioni dell’Egitto di inizio Novecento (Fig. 7).
Il Fondo Diapositive
Un secondo insieme è rappresentato attualmente da un fondo di 17.916 diapositive (24×36 mm e fotocolor 6×9 e 12×17 cm), principalmente a colori, realizzate tra gli anni ’60 e il 2005. I soggetti fotografati, di natura quasi esclusivamente egittologica, sono molto vari: dalle immagini scattate in Egitto a quelle di reperti custoditi nei Musei, tra cui una notevole quantità raffigura le antichità conservate nel Museo torinese. Inoltre è presente una ricca documentazione di immagini riguardante mostre temporanee, come pure fotografie tratte da pubblicazioni rare. La fototeca si è arricchita negli anni ’80-’90 con la cessione di un lotto di 600 diapositive riunite negli anni dall’egittologo Mario Tosi (1926-2014).39 Rappresentano essenzialmente pareti dipinte delle tombe dell’area tebana: Valle dei Re, Valle delle Regine, tombe dei Nobili e, soprattutto, il villaggio di Deir el-Medina con la sua necropoli (Fig. 8). Inoltre Silvio Curto (1919-2015), già direttore del Museo Egizio, insieme alla sua biblioteca personale ha disposto la donazione al Museo di una cospicua quantità di diapositive 24×36 mm per un totale di 793 unità dal contenuto eterogeneo, comunque di tema egittologico.
Il Fondo Archivio Fotografico cartaceo
Un terzo settore della Fototeca è dedicato alla conservazione del materiale fotografico cartaceo ottocentesco/novecentesco, costituito da immagini in B/N di grande formato custodite singolarmente all’interno di grandi e idonei contenitori, oppure all’interno di tre pregiati album d’epoca. Il primo album contiene 50 fotografie 18×24 cm stampate su carta all’albumina riguardanti principalmente i monumenti della Cairo islamica, senza tuttavia tralasciare i siti archeologici di Eliopoli, Giza ed Alessandria. Queste fotografie furono scattate, tra il 1865 e il 1870, da Vittorio Ridolfo Lanzone, collaboratore del Museo Egizio sotto la direzione di Ariodante Fabretti e poi, per breve tempo, di Schiaparelli. L’album fu donato al Museo nel 1991 da Alberto Manodori in occasione del VI° Congresso Internazionale di Egittologia tenutosi a Torino. (Fig. 9)
Il secondo album, di inizio Novecento, intitolato “Cartes Postales”, è costituito da una raccolta di 120 cartoline postali (“non viaggiate”) raffiguranti antichità custodite al Museo del Cairo. Purtroppo, non esiste alcun documento attestante la data di acquisizione di tali materiali, che devono comunque risalire al periodo della direzione di Schiaparelli. Il terzo album, il maggiore per dimensioni, elegantemente rilegato in pelle e dipinto (Fig. 10), contiene 104 fotografie ottocentesche di vario formato, la maggior parte 21,5×26,5 cm mentre altre sono 26×36 cm. Le immagini sono disposte seguendo un viaggio turistico immaginario, partendo da Alessandria a raggiungere la Nubia, attraverso tappe intermedie quali la Cairo islamica, Eliopoli, la piana di Giza, e Luxor. Le fotografie sono attribuite alcune ad Antonio Beato, altre a Henri Béchard, due fotografi attivi in Egitto nella seconda metà dell’Ottocento.40
Sono inoltre presenti 387 stampe ottocentesche41 su carta albuminata lucida, custodite in appositi contenitori, dopo un restauro conservativo eseguito al tempo della Soprintendenza di A.M. Donadoni-Roveri (1982-2004). Le immagini rappresentano i principali centri archeologici dell’Egitto allora noti, in primis la necropoli di Giza e il paesaggio di Luxor. Gli autori di molte di queste ci sono noti dalle firme riportate sull’immagine: A. Beato, F. Bonfils,42 H. Béchard, G. Lekegian, C. e G. Zangaki. Sul verso di una stampa attribuita in matita ad A. Beato, raffigurante,
Un primo tentativo di riordino e studio del materiale fotografico mediante la stampa delle lastre su carta è testimoniato da una serie di faldoni contenenti 3507 fotografie, di vario formato, applicate su cartoncini verde-scuro e riportanti un’etichetta con gli estremi d’archivio (Fig. 12). Questa selezione riguardò più argomenti: gli scavi del Museo in Egitto, gli allestimenti museali e i singoli reperti. Il lavoro, ascrivibile all’inizio degli anni ’50, è giunto a noi in forma piuttosto disorganizzata e non sempre attendibile circa l’individuazione delle località fotografate, tanto da mettere in dubbio che il riordino sia stato completato.44 Ciò è avvalorato dalla presenza di un ulteriore fascicolo, conferito in un secondo momento, contenente 393 fotografie di formato simile, in fase di ordinamento.
Contenuto del fondo fotografico delle stampe
Album Fotografico “Lanzone”
50
Album Fotografico “Cartes Postales”
120
Album Fotografi Ottocenteschi
104
Stampe ottocentesche
387
Stampe novecentesche
3.507
Ulteriore fascicolo di stampe novecentesche
393
Infine, l’archivio fotografico si compone anche di 52 pellicole in bianco e nero sviluppate e conservate intere in rotolo, il cui contenuto è inerente alla collezione museale. Spiccano tra tutte due pellicole riferite una ai lavori eseguiti in Museo durante la Seconda Guerra Mondiale a protezione dei reperti, l’altra ad alcune ambientazioni museali degli anni Cinquanta, con la presenza del personale del tempo, tra cui rare immagini del direttore Ernesto Scamuzzi (Figs. 13 – 14).
Il progetto Digitalizzazione dell’Archivio Fotografico del Museo Egizio (DAFME)
La difficoltà di consultazione di questa documentazione fotografica e la rinnovata esigenza di ricavarne informazioni e spunti per la ricerca ha indotto il Museo Egizio a intraprendere una riflessione sullo studio e la conservazione dei materiali in questione. Da questa riflessione sono emerse le seguenti principali necessità:
Il progetto, avviato nel settembre 2018, si è da subito concentrato sulla scansione del materiale, partendo dal Fondo Fotografico cartaceo per poi proseguire con il Fondo Lastre e infine con le Diapositive.45 Al fine di ridurre la manipolazione delle lastre in vetro e celluloide, in occasione della scansione si è provveduto contemporaneamente a soddisfare le esigenze di conservazione. Questa operazione ha previsto il rivestimento dei singoli cassetti metallici contenenti le lastre con carta antiacida e la sostituzione delle buste delle singole lastre con altre idonee, anch’esse di carta antiacida. Su queste sono stati riportati a matita i numeri d’inventario indicati sulle buste precedenti.
Durante tale lavoro, è stato possibile compiere un riscontro inventariale del materiale e compilarne un database ordinato secondo il numero di inventario
A seguito del completamento della digitalizzazione del Fondo Lastre, nel 2019, è stata presa in esame, come caso studio, la parte di esso relativa all’attività archeologica condotta dal Museo in Egitto a partire dal 1903, costituita da oltre 1500 lastre. Per questo insieme omogeneo, che comprende 11 diverse località, si è inteso procedere ad un corretto riconoscimento dei luoghi rappresentati e, dove possibile, ad un’indicazione della data di esecuzione, e dell’autore. Per facilitare il riconoscimento e il raffronto si è
Analogamente all’ordinazione delle stampe cartacee, suddivise per sito archeologico, si è provveduto a collocare le relative scansioni digitali in cartelle e sottocartelle tematiche virtuali, in base al soggetto dettagliato rappresentato (Fig. 17).47
Le macroaree individuate sono state:
Ad esempio, le immagini relative agli scavi di Giza (1903), sono state così organizzate:
Mentre per tutti i siti le immagini indicano sostanzialmente le aree di scavo, l’area tebana fa eccezione per la sua complessità. Essa è infatti suddivisa in diverse località, ognuna costituente una sottocartella: alcune rappresentano quelle interessate dagli scavi della Missione italiana (Valle delle Regine e Deir el-Medina), mentre altre contengono solo la documentazione di testimonianze archeologiche già note
Tra i risultati di particolare rilievo, come già in parte anticipato, questo studio ha permesso di identificare e associare tra loro più lastre fotografiche accostando o sovrapponendo i bordi delle immagini e rivelando così le intenzioni del fotografo quando questi
Il metodo sperimentato in questa prima parte del progetto si è rivelato funzionale al conseguimento degli obiettivi previsti, tanto da suggerire la sua applicazione per lo sviluppo delle parti successive.
Sviluppi futuri
Tutti i dati ricavati dallo studio hanno poi trovato una collocazione sia nel database sia su una scheda cartacea che accompagna ogni singola stampa fotografica. Una piccola percentuale di immagini non ha trovato, attualmente, una sicura collocazione, in quanto prive di elementi particolarmente significativi o identificativi. (Fig. 20)
Con la conclusione, a inizio 2021, di questa prima parte del progetto, si è proceduto con l’organizzazione della fase successiva, costituita dalla preparazione di un database all’interno di un sito internet dove inserire tutto il materiale ordinato in base a criteri di ricerca topografici. Il sito internet: Archivio Fotografico del Museo Egizio, inaugurato il 5 dicembre 2021, permette di fruire liberamente del materiale fotografico48 arricchito dai dati raccolti, con l’obiettivo, in fase di sviluppo, di prevedere un collegamento tra l’archivio fotografico storico e le antichità conservate in questo Museo.
Il metodo impiegato per l’analisi e la classificazione di questi materiali è già in fase di utilizzo per lo studio di un ulteriore insieme di fotografie, con l’obiettivo principale di riconoscere i reperti raffigurati, il che consente in alcuni casi di individuare il contesto di ritrovamento, in altri di verificare il loro stato di conservazione nel corso degli anni. Anche queste immagini e le relative informazioni saranno fruibili liberamente, documentando la storia e la biografia dell’oggetto.
Un discorso a parte è rappresentato dalle ambientazioni e allestimenti del museo nel corso degli anni. Lo studio di questo insieme sta consentendo di rilevare come gli oggetti siano stati spostati nel tempo, seguendo le tendenze museografiche e le necessità espositive del momento.
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Schiaparelli, Ernesto, Esplorazione della “Valle delle Regine” nella necropoli di Tebe (Relazione sui lavori della Missione Archeologica Italiana in Egitto [anni 1903-1920] 1), Torino 1924.
Schiaparelli, Ernesto, La tomba intatta dell’architetto Kha nella necropoli di Tebe (Relazione sui lavori della Missione Archeologica Italiana in Egitto [anni 1903-1920] 2), Torino 1927.
Sesana, Angelo, “Francesco Ballerini: un ‘giovane e modesto studioso’ al servizio della M.A.I.”, in: Del Vesco, Paolo e Beppe Moiso (a cura di), Missione Egitto 1903-1920: l’avventura archeologica M.A.I. raccontata, (catalogo della mostra, Torino, Museo Egizio, 11 marzo-10 settembre 2017), Torino – Modena 2017, pp. 245-49.
Sicilia, Francesco, Giovanna Giacobello Bernard e Alberto Manodori (a cura di), L’Egitto nei libri e nelle immagini della Biblioteca Reale di Torino, Catalogo di mostra Torino 1991.
Stefani Guglielmo e Domenico Mondo, Torino e i suoi dintorni: guida storico artistica, amministrativa e commerciale, Torino 1852.
Tosi, Mario, La Cappella di Maya, Torino, 1994.
Trapani, Marcella, “La scansione digitale dell’archivio fotografico della Missione Archeologica Italiana in Egitto: un nuovo approccio ad antiche immagini”, QSAP 31 (2016), pp. 197-201.
Trapani, Marcella, “Exploring the Photographic Archive of the Italian Archaeological Mission in Egypt”, in: Jochem Kahl, Anna Maria Sbriglio, Paolo Del Vesco e Marcella Trapani (a cura di), Asyut, the Excavations of the Italian Archaeological Mission (1906-1913) (Studi del Museo Egizio 1), Modena 2019, pp. 45-49.
Zevi, Filippo, “Fotografi in Egitto nel XIX secolo” in: Zevi, Filippo e Sergio Bosticco (a cura di), Photographers and Egypt in the XIXth Century, Firenze 1984, pp. 11-20.
Note
- L’archivio storico è stato conferito all’Archivio di Stato di Torino in tre momenti diversi a partire dal 2005. Insieme alle carte, tuttavia, sono conservati alcuni fascicoli contenenti numerose stampe fotografiche e alcuni negativi.↑
- Zevi, in Zevi e Bosticco (a cura di), <i>Photographers and Egypt in XIX<sup>th</sup> Century</i>, 1984, pp. 11-13; Gernsheim e Gernsheim <i>The History of Photography</i>, 1969<sup>2</sup>, pp. 68-73.↑
- Vedansi l’incisione di Marco Nicolosino datata al 1832, quella di Chiappori, in Stefani e Mondo, <i>Torino e i suoi dintorni</i>, 1852; Curto, <i>Storia del Museo Egizio</i>, 1990, fig. 22; inoltre, i quadri di Lorenzo Delleani nel 1872 e nel 1882, oltre che a quello attribuito a Demetrio Cosola di Chivasso del 1880 sulle sale della Manica Nuova, Curto 1990, fig. 28.↑
- Micheletto, <i>Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte</i> 21 (2006), pp. 29-71. tavv. IV-V. Presso l’Archivio Storico Fondazione Alinari per la Fotografia sono conservate alcune fotografie rappresentanti alcuni reperti del Museo, databili all’ultimo quarto dell’Ottocento. <a href="https://www.alinari.it/it/">https://www.alinari.it/it/</a>. Risulta utile osservare che anche l’ambiente accademico riservò un certo interesse per la fotografia museale a partire da questo periodo, come risulta da una lettera, conservata nell’archivio del Museo Egizio, dell’aprile 1884, nella quale August Eisenlohr, Professore di egittologia all’Università di Heidelberg, chiese e ottenne di poter fotografare alcuni frammenti di papiro conservati nel museo torinese (ASTo, fondo MAE, I vers., m. 2, n. 5). Tuttavia, nell’archivio fotografico non si ha alcuna traccia della sua produzione. Informazioni indirette circa l’uso della fotografia sono individuabili inoltre nelle guide di fine secolo, tra cui è opportuno citare <i>I monumenti egizi del Museo d'antichità di Torino: guida populare</i>, di Francesco Rossi, edito nel 1884. In quest’opera sono presenti due immagini con reperti conservati in Museo, una delle quali, trattantesi di fototipo, è firmata dai F.lli Doyen di Torino. Anche in questo caso non vi è traccia di esse nell’archivio fotografico.↑
- Dall’archivio del Museo Egizio, conservato presso l’Archivio di Stato di Torino. ASTo, Fondo MAE, I vers. Mazzo 240, fascicolo unico, file digitale n. 518. Nell’archivio del Museo, si tratta dell’unica commissione esterna dichiarata e contabilizzata per tutto l’Ottocento. Non si conosce attualmente lo stato di queste fotografie né si sa se siano ancora esistenti.↑
- Recentemente gli scriventi hanno identificato sul mercato antiquario un lotto di cinquanta lastre in negativo relative ad alcuni reperti (per la maggior parte stele) del Museo Egizio, recanti tutte la firma di Lanzone. Purtroppo, allo stato attuale non è stato possibile concludere l’acquisizione. Di Lanzone, come si vedrà nelle pagine successive, è possibile ammirare un album fotografico con alcune riprese da lui eseguite in Egitto. Si sa poco della sua vita, è noto tuttavia che la collaborazione con Schiaparelli, suo nuovo superiore, non sia stata ottimale. Pochi mesi dopo essere quest’ultimo divenuto direttore, Lanzone chiede due mesi di congedo per malattia, che sarà trasformato poi in aspettativa per tutto l’anno 1895, con riduzione dello stipendio. Rimase ispettore del Museo fino al 20 ottobre 1895, quando, ancora in aspettativa, fu licenziato per riduzione dell’organico. ASTo, fondo MAE, I vers. M. 16, n.1; ASTo, fondo MAE, I vers. M. 18, n.1. <a href="https://www.treccani.it/enciclopedia/rodolfo-vittorio-lanzone_%28Enciclopedia-Italiana%29/">https://www.treccani.it/enciclopedia/rodolfo-vittorio-lanzone_%28Enciclopedia-Italiana%29/</a>. Curto, <i>Storia del Museo Egizio</i>, 1990, pp. 143-44; Manodori, in Sicilia <i>et al.</i> (a cura di), <i>L’Egitto nei libri</i>, 1991, pp. 145-48; Curto, <i>Attraverso l’Egittologia</i>, 2001, pp. 555.↑
- Ernesto Schiaparelli (1856-1928) fu nominato direttore del Museo Egizio di Torino nell’autunno 1894, dopo la morte di Ariodante Fabretti, avvenuta il 15 settembre dello stesso anno. Rimase alla direzione del Museo fino alla morte, avvenuta il 14 febbraio 1928.↑
- ASTo, Fondo MAE, I vers. Mazzo 241, fascicolo unico, file digitali n. 216-217.↑
- ASTo, Fondo MAE, I vers. M. 241, fascicolo unico, file digitali n. 218-219.↑
- ASTo, Fondo MAE, I vers. M. 241, fascicolo unico, file digitali n. 222-223. Tuttavia questo formato di lastre non è attualmente presente nell’archivio fotografico del Museo Egizio.↑
- ASTo, Fondo MAE, I vers. M. 241 e seguenti. Più precisamente, a partire dagli ultimi mesi del 1902, durante i quali fervono i preparativi per la missione, che aprirà il cantiere nel gennaio dell’anno seguente.↑
- Petrie, <i>Methods and Aims in Archaeology</i>, 1904, pp. 73-84; Riggs, <i>Museum History Journal</i> 10/2 (2017), pp. 140-61.↑
- La maggior parte delle apparecchiature fotografiche utilizzate durante le ricerche in Egitto sono tuttora conservate in Museo, parzialmente in esposizione, il rimanente in magazzino. Lovera, in Del Vesco e Moiso (a cura di), <i>Missione Egitto 1903-1920</i>, 2017, pp. 167-70, e la scheda di catalogo n° 176, p. 197; Trapani, in Kahl <i>et al.</i>, Asyut, 2019, pp. 45-49;↑
- Scrive infatti Ballerini il 20 febbraio 1903 da Bab el-Harim ai suoi famigliari: “Dove abbiamo un vero sfacelo è nella fotografia: le macchine (avevo ben ragione io!) sono una peggio dell’altra, l’acqua scarseggia, lo sviluppo (Amidol) non mi va, il caldo rovina la gelatina e poi la luce di questi luoghi è qualcosa di incomprensibile, e non si sa come regolarsi. Speriamo di farne delle migliori! Se riuscirò, ve ne manderò qualcuna.” Consonni <i>et al.</i> (a cura di), <i>L’Egitto di Francesco Ballerini</i>, 2012, p. 116. Tuttavia, nonostante queste tante difficoltà, non mancarono straordinari risultati: infatti, soltanto pochi giorni prima, era stata scoperta la tomba QV44 del principe Khaemuaset, il cui interno fu fotografato al momento della scoperta.↑
- Moiso, <i>Ernesto Schiaparelli e la tomba di Kha</i>, 2008, pp. 201-66; Moiso, <i>La storia del Museo Egizio</i>, 2016, pp. 64-102; Del Vesco e Moiso (a cura di), <i>Missione Egitto 1903-1920</i>, 2017.↑
- E. Schiaparelli, <i>Esplorazione</i>, 1924; E. Schiaparelli, <i>La tomba intatta dell’architetto Kha</i>, 1927.↑
- Biblioteca Reale di Torino, F.2.15/1-2 – S.M. 31164; AA.VV. 1991, p.113; Del Vesco e Moiso (a cura di), <i>Missione Egitto 1903-1920</i>, 2017, p. 60, scheda di catalogo n° 25.↑
- Fattura del 31 dicembre 1908, con ricevuta di pagamento al 14 gennaio 1909. ASTo, Fondo MAE, I. vers., M. 242, file digitalizzati n° 1471-1472.↑
- Sesana, in Del Vesco e Moiso (a cura di), <i>Missione Egitto 1903-1920</i>, 2017, pp. 246-47. Per una trattazione completa della biografia di Francesco Ballerini con relativa bibliografia, si rimanda a Consonni, Quirino, Sesana 2012, p. 9 e seguenti. Nel 1905, durante gli scavi di Eliopoli, è attestata la presenza di un apparecchio personale di Ballerini. Scrive infatti il 26 maggio: “la mia macchina fotografica in questi giorni riposa, costretta ad inazione forzata: eppure ce ne sono di bei soggetti qui d’intorno!”; v. Lovera, in Del Vesco e Moiso (a cura di), <i>Missione Egitto 1903-1920</i>, 2017, p. 168.↑
- Lovera, in Del Vesco e Moiso (a cura di), <i>Missione Egitto 1903-1920</i>, 2017, pp. 168-69; Moiso, in Del Vesco e Moiso (a cura di), <i>Missione Egitto 1903-1920</i>, 2017, pp. 271-79; Moiso, in Bongioanni e Baldacci, (a cura di), <i>L’Egitto a Torino</i>, 2012, pp. 205-18; Curto, <i>Attraverso l’Egittologia</i>, 2001, p. 578. Durante gli scavi, Virginio Rosa portò con sé una propria macchina fotografica, che si rivelò particolarmente utile allorquando le apparecchiature della missione ebbero dei problemi. Si legge in una sua lettera a Schiaparelli del 12 febbraio 1911: “Dato il clima i miei telaj della macchina fotografica funzionano a loro piacere; sul lavoro non è possibile lavorare così, uso la Kodak 9x9 per le istantanee a pellicole. Per comodità di sviluppo mando parte delle pellicole all’Avv. Pia”. ASTo, Fondo MAE, II vers., M. 5, n. 1.↑
- Curto, <i>Attraverso l’Egittologia</i>, 2001, pp. 575-76; Boano e Rabino Massa, in Einaudi (a cura di), <i>Egitto nascosto</i>, 2009, pp. 32-37; Grilletto, 2011, pp. 83-85; Boano <i>et al.</i>, in Boano e Rabino Massa (a cura di), <i>Mummie Egizie in Piemonte</i>, 2012, pp. 21-22; Boano <i>et. al.</i>, in Del Vesco e Moiso (a cura di), <i>Missione Egitto 1903-1920</i>, 2017, pp. 307-19.↑
- Circa le scarse notizie sul sacerdote e sul suo rapporto con la fotografia, si veda: Roccati, in <i>Panorama Carmagnolese</i>, n° 4, 2015, pp. 13-16; Moiso, <i>Ernesto Schiaparelli e la tomba di Kha</i>, 2008, p. 294; Curto, <i>Attraverso l’Egittologia</i>, 2001, p. 577; Botti, in <i>Illustrazione Biellese</i> 3, n°2, febbraio 1941, p. 19; articolo de <i>La Stampa Sera</i>, 30 ottobre 1940: “Tra i Missionari di via Bogino. I ricordi di un sacerdote che fu collaboratore dell’egittologo torinese Schiaparelli”. <a href="http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,2/articleid,1615_02_1940_0258_0002_23862202/">http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,2/articleid,1615_02_1940_0258_0002_23862202/</a>↑
- Moiso, <i>La storia del Museo Egizio</i>, 2016, p. 107-09.↑
- Moiso, <i>La storia del Museo Egizio</i>, 2016, p. 108.↑
- La prima datazione scritta attestata su questi registri è del 1952, per mano della bibliotecaria e responsabile di un primo programma di riordino fotografico del Museo, Maria Rosa Orsini (1921-2011).↑
- Spicca il volume sugli scavi presso la necropoli di Giza ad opera di Silvio Curto. Curto, <i>Gli scavi italiani a El-Ghiza (1903)</i>, 1963. Solo a partire dalla fine degli anni ’80 si avverte un maggior utilizzo del materiale fotografico storico su pubblicazioni del Museo. Una bibliografia parziale: Donadoni Roveri <i>et al.</i> (a cura di), <i>Il Museo Egizio di Torino</i>, 1988; Donadoni Roveri (a cura di), <i>Passato e Futuro</i>, 1989; Robins (a cura di), <i>Beyond the Pyramids</i>, 1990; Donadoni Roveri <i>et al.</i> (a cura di), Gebelein, 1994; Tosi, <i>La Cappella di Maya</i>, 1994.↑
- Città di Torino <i>et al.</i> (a cura di), <i>La riscoperta dell’Egitto nel secolo XIX</i>, 1981; Racanicchi (a cura di), <i>Fotografi in terra d’Egitto</i>, 1991; D’Amicone <i>et al.</i> (a cura di), <i>Egitto archeologico e fotografico</i>, 1993.↑
- Trapani, <i>QSAP</i> 31 (2016), p. 197-201.↑
- Le lastre stereoscopiche vengono introdotte in Italia a partire dal 1911, in occasione dell’Esposizione Internazionale dell’Industria e del Lavoro svoltasi a Torino. Trapani, <i>QSAP</i> 31 (2016), p. 197. È presumibile ipotizzare, pertanto, che Schiaparelli portò con sé in Egitto tale formato nelle missioni successive a tale evento.↑
- La differenza delle due somme totali è da imputarsi alla mancanza di diverse lastre, in vetro o celluloide, nel tempo disperse, e alla presenza di doppioni che colma e addirittura supera nel computo del totale quello delle perdite.↑
- Gruppo non presente negli inventari storici. Costituiscono riprese di reperti del Museo eseguite in tempi moderni (2003-2005) dal fotografo Giacomo Lovera.↑
- Come per il formato A, anche in questo caso la differenza dei due totali è da imputarsi a diverse lastre, in vetro o celluloide, nel tempo disperse, e alla presenza di doppioni che, parzialmente, compensa nel computo del totale quello delle perdite.↑
- Gruppo non presente negli inventari storici manoscritti.↑
- Gruppo non presente negli inventari storici manoscritti.↑
- Dato il periodo, la realizzazione di immagini a colori è un fatto ancora molto raro e costoso, in quanto il procedimento adottato, chiamato Autochrome, era stato brevettato dai fratelli Lumière soltanto nel 1903, commercializzato nel 1907 e restando in uso fino al 1935. Gernsheim e Gernsheim, <i>The History of Photography</i>, II. ed., 1969, pp. 523-24.↑
- Marro, in <i>Atti della Società Italiana per il Progresso delle Scienze</i> 17 (1929), pp. 626-34.↑
- Museo Nazionale del Cinema, Torino. R0513940_004_001.↑
- Piero Gazzola (1908-1979), è stato un ingegnere civile. Su stimolo dell’UNESCO, elaborò negli anni ‘60 un progetto, poi abbandonato, volto allo spostamento e al salvataggio dei due templi nubiani di Abu Simbel, minacciati dal nascente Lago Nasser in seguito alla costruzione della diga di Assuan. Scalabrini (a cura di), <i>Nubiana</i>, 2019, pp. 244-45.↑
- La maggior parte delle fotografie, tuttavia, sono da attribuire a Giacomo Lovera, che ha operato come fotografo per molti anni per Mario Tosi.↑
- Città di Torino <i>et el.</i> (a cura di), <i>La riscoperta dell’Egitto nel secolo XIX</i>, 1981, p. 15; Zevi, in Zevi e Bosticco (a cura di), <i>Photographers and Egypt in XIX<sup>th</sup> Century</i>, 1984, pp. 15-17; <a href="http://www.getty.edu/art/collection/artists/2777/henri-bechard-french-active-cairo-egypt-1869-1880s/">http://www.getty.edu/art/collection/artists/2777/henri-bechard-french-active-cairo-egypt-1869-1880s/</a>↑
- Racanicchi (a cura di), <i>Fotografi in terra d’Egitto</i>, 1991, tavv. 1-48; Città di Torino <i>et al.</i> (a cura di), <i>La riscoperta dell’Egitto nel secolo XIX</i>, 1981, n° 7, 9-13, 17, 19-28, 30, 32-34, 42-44, 51-52, 58, 60, 62, 64, 67-69, 71, 81, 84.↑
- Città di Torino <i>et al.</i> (a cura di), <i>La riscoperta dell’Egitto nel secolo XIX</i>, 1981, p. 15.↑
- Si confrontino inoltre le Cronache Francescane di Luxor, una copia delle quali è conservata presso l’Archivio di Stato di Torino, Fondo MAE, II vers., M. 7, n. 8. Questa immagine è presente a pagina 63, viene attribuita al fotografo Antonio Beato, il quale la realizzò nell’ottobre 1881, e fu donata dal Frate Francesco Zanobi a Schiaparelli durante la permanenza dell’Egittologo presso la missione francescana di Luxor nel 1885.↑
- Altre centinaia di fotografie, alcune ancora incollate su cartoncini verdi, vennero estrapolate dall’insieme e aggregate all’Archivio storico del Museo, poi confluito nell’Archivio di Stato di Torino. Sono consultabili presso il fondo MAE, II vers. e III vers.↑
- Questa operazione si è avvalsa della collaborazione di Giacomo Lovera (2008-2015); dei soci ACME Mario Crivello (2008-2012), Antonio Cunazza (2015-2016), Franca Sinchetto (2019) e Marco Dugaria (2019); dei tirocini universitari curricolari (2017-2019) di Alessandra Badolato, Xu Han, Martina Fabbri Nuccitelli, Lucia Martina Scalise, Arianna Bellettati, Francesca Marinello, Camilla Maria Perassi, Gino Fabbrucci Barbagli, Luca Mancinelli, Giulia Magnani, Benedetta Chiocci, Federica Carbotti, Anna Provenzano, Martina Francucci, Mariateresa Musca, Ileana De Giuseppe, Francesca Bindelli (UniBo), Marzia De Santis, Alessandro Santiano, Luca Ronzano (UniTo), Harry Blackwell (Durham University), del tirocinio di Master (UniBo) Valentina Puglisi, Chiara Rizzatti e Fabiana Freni. É dovuta infine una menzione speciale al collega Hassan Khorzom per la sua preziosa opera di revisione e riordino fisico delle diapositive dal 2020 in poi.↑
- Contestualmente all’inizio delle scansioni operate dall’ACME nel 2010 era stato adottato un sistema di schedatura, richiesto dalla Soprintendenza Archeologica del Piemonte, con la compilazione di un documento Excel secondo le indicazioni dell’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione (ICCD).↑
- Per il lavoro di riconoscimento dei soggetti rappresentati si ringraziano i colleghi del Dipartimento Collezione Ricerca del Museo Egizio e Federica Ugliano per i suggerimenti forniti.↑
- Le fotografie sono da considerarsi di Dominio Pubblico e sono rese disponibili sotto la denominazione CC.0 (Creative Commons 0).↑